Con la recente pubblicazione delle disposizioni attuative del decreto sui vini dealcolati, il panorama legislativo italiano cambia radicalmente, ponendo fine a una storica regola che impediva di etichettare come “vino” una bevanda con un tenore alcolico inferiore agli 8,5 gradi. Questo passo segna non solo una modifica normativa, ma anche la fine di un tabù in Italia, il maggior produttore mondiale di vino, nonché il paese simbolo della Dieta Mediterranea.
Il decreto pubblicato sul sito del Ministero dell’Agricoltura consente ora di ridurre, in modo parziale o totale, il contenuto alcolico di diverse tipologie di vino. Questi includono vini, vini spumanti, e varie categorie di vini frizzanti, spumanti e gassificati, sia aromatici che non. La novità apre nuove opportunità nel mercato delle bevande a bassa gradazione alcolica, creando nuove dinamiche nel settore vitivinicolo italiano.
Tuttavia, le nuove disposizioni non si applicano a tutte le tipologie di vino. I vini a denominazione certificata, ovvero quelli a Denominazione di Origine Protetta (Dop) o Indicazione Geografica Protetta (Igp), rimarranno esclusi dal processo di dealcolazione. Per queste categorie, il processo di riduzione dell’alcol non è consentito, tutelando così la qualità e la tradizione di prodotti vitivinicoli simbolo dell’Italia.
Le reazioni al decreto sono state contrastanti. Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta, ha espresso perplessità sulla possibilità che una bevanda priva di alcol possa essere ancora definita “vino”. Sebbene non ritenga che questa innovazione riguardi direttamente le produzioni della Franciacorta, riconosce che potrebbe rappresentare un’opportunità di espansione per il mercato nazionale. Dall’altra parte, Giovanni Garbelli di Confagricoltura Brescia ha sottolineato come il vero problema non sia il vino di qualità, ma i superalcolici, che sono la causa principale degli eccessi tra i giovani.
La posizione di Coldiretti Brescia, espressa dalla presidente Laura Facchetti, è invece decisamente critica. Secondo Coldiretti, l’idea che una bevanda priva di alcol possa essere chiamata “vino” rischia di danneggiare la reputazione del Made in Italy e di minare il lungo lavoro di tutela della qualità che è stato compiuto nel corso degli anni.
Nonostante le preoccupazioni, le prospettive per il mercato delle bevande dealcolate sono promettenti. Secondo Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), in Italia il 36% dei consumatori si mostra interessato a bevande a bassa gradazione alcolica, mentre negli Stati Uniti il mercato “Nolo” (No e Low Alcohol) ha già raggiunto un valore di un miliardo di dollari. L’analista Riccardo Grassi ha inoltre evidenziato che i consumatori interessati a questi prodotti includono sia non bevitori che amanti del vino, in particolare coloro che li considerano un’alternativa per situazioni specifiche, come quando si deve mettersi alla guida.