Referendum 2025, affluenza bassa nel Bresciano: alle 19 solo il 15,4% alle urne

Cinque i quesiti sottoposti al voto il 8 e 9 giugno: decisivo il quorum del 50%

Domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025 si torna alle urne in Italia per votare su cinque referendum abrogativi, riguardanti cittadinanza, licenziamento e sicurezza sul lavoro, in concomitanza con le elezioni amministrative in alcuni comuni. In provincia di Brescia sono 948.855 i cittadini chiamati al voto, di cui 468.083 uomini e 480.772 donne, distribuiti in 1.172 sezioni elettorali, comprese 10 sezioni ospedaliere.

La sfida principale rimane il raggiungimento del quorum: affinché i referendum siano validi, dovrà recarsi alle urne almeno il 50% più uno degli elettori aventi diritto. Un obiettivo che, alla luce dei dati parziali di domenica, sembra ancora lontano.

Alle ore 19 dell’8 giugno, l’affluenza in provincia di Brescia si attesta al 15,4%, un dato basso che richiama alla memoria precedenti consultazioni caratterizzate da scarsa partecipazione. In città la situazione appare leggermente migliore: Brescia ha registrato il 20,18% di votanti.

Le affluenze più basse si registrano nei comuni montani o a bassa densità abitativa, come Valvestino (5,26%), Collio (5,32%), Marmentino (5,72%), Casto (5,85%), Corteno Golgi (5,89%) e Provaglio Valsabbia (5,99%).

All’opposto, le percentuali più alte di partecipazione si trovano in comuni come Paisco Loveno (23,97%), Collebeato (23,36%), Longhena (23,19%), Cellatica (21,68%), Roncadelle (21,19%) e Bovezzo (20,79%). Anche in centri come Castegnato (20,75%), Lozio (20,61%), Cevo (20,6%), Lograto (20,19%) si è superata la soglia del 20%.

La storia referendaria italiana dimostra che il raggiungimento del quorum è sempre più difficile. Dal 1974 a oggi si sono svolti 67 referendum abrogativi, con un calo costante della partecipazione. Il primo, nel 1974, vide un’affluenza dell’87,7%, mentre l’ultima consultazione del 2022 (cinque quesiti sulla giustizia) si fermò al 20%. L’ultima volta che fu raggiunto il quorum risale al 2011, quando si votò sulla privatizzazione dell’acqua e l’affluenza superò il 50%.

Nel passato recente, altri momenti significativi sono stati il referendum sul nucleare del 1987 (65,1% di affluenza), quello sulla riforma elettorale del 1991 (62,5%) e quello sul finanziamento pubblico ai partiti nel 1993 (77%). In senso opposto, il primo caso di referendum invalidato per mancato quorum fu nel 1990, con il voto su caccia e fitofarmaci fermo al 43%.

Il trend attuale sembra confermare una crescente disaffezione alle urne, che rischia di invalidare anche i referendum 2025. I dati definitivi saranno determinanti per capire se l’astensione continuerà a essere l’elemento dominante nella partecipazione politica italiana.

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