Desenzano, torna in carcere il 28enne accusato della morte di Hackim Fawzi

Fernando Velcu arrestato su ordinanza del gip: nuove prove lo collegano al decesso del 46enne marocchino dopo una lite in stazione

Desenzano del Garda – È stato nuovamente arrestato Fernando Velcu, il 28enne cittadino romeno già fermato lo scorso 18 maggio in relazione alla morte di Hackim Fawzi, 46enne di origine marocchina e senza fissa dimora, deceduto in ospedale dopo una lite avvenuta la sera del 15 maggio nella stazione ferroviaria di Desenzano.

Dopo un primo fermo e una scarcerazione decisa per “insussistenza di elementi di prova”, la svolta è arrivata con i risultati preliminari dell’autopsia, eseguita dal medico legale incaricato dalla Procura. Secondo quanto emerso, le lesioni riportate alla nuca e al corpo di Fawzi non sarebbero compatibili con una semplice caduta autonoma, bensì con una caduta provocata da un colpo ricevuto. In particolare, gli inquirenti ipotizzano che la vittima sia caduta rovinosamente a terra dopo essere stata colpita con un pugno da Velcu.

Sulla base di queste nuove evidenze, il gip del Tribunale di Brescia ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dal pubblico ministero titolare del fascicolo. L’ordinanza è stata notificata nella tarda mattinata di mercoledì 11 giugno dai carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Desenzano, che hanno proceduto al nuovo fermo.

L’episodio, che ha causato la morte di Fawzi dopo alcuni giorni di ricovero e un delicato intervento chirurgico, è ora formalmente inquadrato come omicidio preterintenzionale. La lite, avvenuta all’interno della stazione, sarebbe degenerata in violenza fisica, culminando con l’aggressione letale. L’arresto di oggi conferma il cambiamento del quadro indiziario rispetto a quello emerso inizialmente, quando l’uomo era stato rilasciato poche ore dopo l’interrogatorio di convalida.

La Procura bresciana continua le indagini, anche per ricostruire nel dettaglio la dinamica dei fatti e acquisire ulteriori testimonianze e immagini di videosorveglianza che possano corroborare la ricostruzione accusatoria. Intanto, la misura cautelare è stata ritenuta necessaria per evitare il rischio di fuga e l’inquinamento delle prove.

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