Nord e Sud, le differenze nei giorni lavorati: la posizione di Brescia

Nel 2023, alcune province italiane si sono distinte per un numero particolarmente basso di giornate lavorate

Nel 2023, alcune province italiane si sono distinte per un numero particolarmente basso di giornate lavorate. A guidare questa classifica al contrario è Vibo Valentia, dove i dipendenti risultano attivi in media solo per 193,3 giorni all’anno. Seguono Nuoro (205,2), Rimini (212,5), Trapani (213,3) e Foggia (213,5). Questi dati evidenziano come in alcune aree del Paese la presenza sul posto di lavoro sia sensibilmente inferiore rispetto alla media nazionale, che si attesta a 246,1 giorni.

In media, i lavoratori del Nord Italia registrano 255 giorni lavorati all’anno, ben 27 in più rispetto ai colleghi del Sud, che si fermano a 228. Questa differenza, però, non va letta come una semplice questione di “produttività” o di maggiore impegno. Secondo l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, alla base di questo divario ci sono due fattori determinanti. Il primo riguarda l’economia sommersa: nel Mezzogiorno, il lavoro irregolare è molto più diffuso rispetto al resto del Paese, e le ore lavorate “in nero” non vengono registrate dalle statistiche ufficiali. Il secondo elemento è legato alla precarietà del mercato del lavoro nel Sud, dove abbondano part time non desiderati, lavori stagionali e contratti discontinui, soprattutto nei settori dei servizi, dell’agricoltura e della ricettività.

Le province con i dipendenti più presenti sul posto di lavoro nel 2023 sono quasi tutte settentrionali. In cima alla classifica troviamo Lecco, con una media di 264,9 giornate lavorate, seguita da Biella (264,3), Vicenza (263,5), Lodi (263,3) e Padova (263,1). Monza-Brianza (263), Treviso (262,7) e Bergamo (262,6) completano le prime posizioni. Sorprende il piazzamento di Brescia, che con 256,9 giornate retribuite si colloca solo al 23esimo posto, dietro altre province lombarde come Bergamo, Milano, Mantova e Cremona.

Il divario nei giorni lavorati tra Nord e Sud rappresenta un chiaro indicatore delle profonde differenze strutturali nel mercato del lavoro italiano. Non si tratta solo di numeri, ma di condizioni economiche, sociali e culturali che plasmano la vita quotidiana di milioni di lavoratori. La diffusione del lavoro irregolare, la stagionalità forzata e la mancanza di opportunità stabili nel Mezzogiorno non solo abbassano la media delle giornate lavorate, ma compromettono anche la qualità della vita e la possibilità di pianificare un futuro solido.

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