Sessantotto residenti del quartiere Carmine di Brescia hanno avviato un’azione legale contro il Comune, chiedendo un risarcimento da oltre 2 milioni di euro per i disagi causati dalla malamovida, accusando l’amministrazione di non aver adottato misure efficaci per contenere il rumore notturno generato dalla vita notturna del quartiere. La somma richiesta, pari a 10mila euro per ogni cittadino coinvolto per ciascun anno, copre un arco temporale di tre anni e rappresenta uno dei più ingenti risarcimenti mai richiesti in Italia per problematiche legate alla movida urbana.
Il passo legale arriva dopo mesi di proteste, richieste, segnalazioni e uno studio acustico commissionato dagli stessi residenti, che ha documentato livelli di rumore notturno superiori anche di 16 decibel ai limiti consentiti, in un contesto urbano paragonato a una zona industriale. Le rilevazioni, effettuate in fine settimana non particolarmente affollati, confermerebbero una situazione cronica di inquinamento acustico, concentrata nelle vie Bixio, fratelli Bandiera e delle Battaglie.
Il primo passo ufficiale è stato l’avvio di una procedura di mediazione presso la camera di conciliazione dell’Ordine degli avvocati di Brescia, come previsto dalla normativa in materia di immissioni moleste (rumore, odori, vibrazioni ecc.). L’obiettivo è trovare un accordo extragiudiziale, ma il Comune – pur disponibile a partecipare per tutelarsi in sede giudiziaria – considera “prive di fondamento” le richieste dei cittadini.
L’amministrazione guidata dalla sindaca Castelletti ritiene di aver già messo in atto interventi significativi, tra cui il progetto “Carmine da condiVivere” e modifiche al Regolamento di polizia urbana, oltre alla sperimentazione con steward e campagne di sensibilizzazione in collaborazione con i gestori dei locali. Ma per i residenti queste misure si sono rivelate inefficaci.
Il contenzioso legale si inserisce in un contesto nazionale di crescente attenzione al tema della malamovida, e potrebbe creare un precedente significativo: il risarcimento richiesto rappresenta una delle cifre più alte mai avanzate da privati cittadini contro un ente pubblico per motivi legati all’inquinamento acustico urbano.
A rafforzare le ragioni dei ricorrenti c’è anche un precedente giurisprudenziale rilevante, ovvero la sentenza di Cassazione favorevole al fratello dell’ex sindaco Adriano Paroli e a sua moglie, che avevano citato la Loggia per motivi analoghi. La Corte aveva riconosciuto la responsabilità dell’ente per non aver impedito la propagazione del rumore da suolo pubblico, principio che ora i residenti del Carmine intendono far valere.
Sul caso si profila anche una possibile valutazione della Corte dei conti, qualora venisse dimostrato che l’Amministrazione, pur avvertita con segnalazioni e documentazioni tecniche, non abbia agito tempestivamente per evitare un danno erariale.