Dalla piazza alla marcia, dal cuore dell’Europa al deserto del Sinai. È il percorso scelto da Valeria Balzarini, bresciana, unica rappresentante della sua città tra i 130 italiani che parteciperanno alla Global March, la mobilitazione internazionale che si propone di raggiungere il valico di Rafah per testimoniare solidarietà alla popolazione della Striscia di Gaza, da 19 mesi sotto i bombardamenti.
“Lo spirito con cui andiamo lì è quello di chi non può più restare fermo,” ha dichiarato Valeria, volontaria della Croce Bianca, laureata in Sviluppo e Cooperazione Internazionale e oggi professionista in una società londinese di impact investing. La sua scelta di partire non è una sorpresa: è la naturale conseguenza di un impegno quotidiano, coerente, per i diritti e la dignità umana.
L’itinerario prevede l’arrivo al Cairo, poi il trasferimento ad Al Arish nel Sinai, da cui inizierà la marcia a piedi fino a Rafah, circa 50 chilometri suddivisi in tappe di 15 km al giorno. Le condizioni sono spartane, con tende predisposte lungo il percorso. Ma la posta in gioco è alta: l’apertura di un canale umanitario, il passaggio di aiuti vitali come cibo e medicine per la popolazione di Gaza.
La marcia ha un valore profondamente simbolico e politico. “Non vogliamo forzare il confine, né entrare a Gaza,” ribadisce Valeria, “ma chiedere con forza che il valico venga aperto per permettere alle organizzazioni umanitarie di intervenire.” L’autorizzazione del governo egiziano è ancora in sospeso, ma i partecipanti sono pronti ad adattarsi: “Senza l’ok del Cairo non si farà nulla. Abbiamo un piano B per trasmettere comunque il messaggio della nostra presenza.”
Il progetto, nato dal basso, ha raccolto adesioni spontanee da ogni regione italiana. Valeria, con il suo gruppo lombardo-marchigiano-toscano-abruzzese, testimonia un’umanità concreta, che sceglie di agire in prima persona dove le istituzioni tacciono. “Anche in 300mila in piazza sembra non bastare più. Serve andare, esserci, camminare.”
Il significato profondo di questa mobilitazione è nella fatica condivisa, nel gesto di percorrere il deserto come fanno ogni giorno i palestinesi rimasti senza casa. Una marcia che si fa preghiera laica, richiamo contro l’indifferenza, passo dopo passo verso la possibilità concreta di un cambiamento.